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COSA ASPETTARSI DAL NUOVO GOVERNO…


La-crisi-europea-Come previsto, le elezioni in Italia si sono chiuse in uno scenario di sostanziale ingovernabilità.

Da quello che si può capire, nessuna delle parti presenti in parlamento al momento ha una chiara visione della realtà che abbiamo di fronte.

Va bene la proposta di Beppe Grillo legata alla trasparenza nella politica ed alla fine dei privilegi della casta, ma non penso che questo sia l’unico problema.

Tutti i nostri principali indicatori economici sono negativi e di certo non è attraverso una maggiore trasparenza che si può ridare fiato a un sistema economico immobile.

L’attenzione è posta sul nuovo Presidente del Consiglio come guida per un Paese allo sbando e si ricerca in questa figura un punto di partenza per il rilancio del Paese; ma abbiamo una persona in grado di reggere tale onere?

Ma soprattutto, cosa aspettarsi dal nuovo Governo? Diamo uno sguardo a cosa succede oltre i nostri confini nazionali e confrontiamoci col resto d’Europa.

Di sicuro, c’è una differenza sostanziale nell’approccio al rigore ed alle politiche espansive. Oggi, il rigore imposto non ha raggiunto i risultati sperati. Anche in Inghilterra, una politica centralizzata sul taglio del deficit con un contenimento dei costi, sta fallendo miseramente poiché il Paese ancora non riesce ad uscire completamente dalla crisi.

Stessa cosa guardando alla linea politico-economica che la Germania pretende dai paesi europei; anche qui stiamo assistendo ad un fallimento senza precedenti dove il rigore imposto sui Bilanci degli stati è causa di una crisi sociale visibile e reale nei paesi soggetti:

  • Grecia: il costo (improponibile) imposto a fronte delle varie iniezioni di liquidità, è sfociato in un assalto a banche e negozi. Logicamente a queste notizie non viene data molta visibilità, poiché renderebbero palese che la crisi non è affatto finita e, anzi, ne è cominciata un’altra ben più evidente. Il solo Paese ad aver tratto benefici dal piano di finanziamento proposto è la Germania: le banche tedesche erano il principale acquirente dei titoli Greci perché riuscivano a trarne notevoli profitti. Oggi viene dichiarato che il Paese è sulla rotta giusta e che il finanziamento ha salvato l’Europa dalla catastrofe;
  • Spagna e del Portogallo: qui il dato allarmante è costituito dal livello di disoccupazione, pari a quasi un terzo della popolazione. In Spagna, nonostante il rifinanziamento del sistema bancario, non si vedono segni di ripresa. Anche in questo caso, il rigore tedesco impone che gli aiuti di stato siano finalizzati al risanamento, ma come questi paesi si possano risanare se un terzo della popolazione non ha denaro per vivere rimane un mistero.
  • Cipro: ultima gravissima vicenda, il prelievo forzoso su tutti i conti correnti, risparmi compresi, per racimolare 10 miliardi di Euro. La ragione di questa imposizione sarebbe legata al fatto che il Paese deve dare un segnale chiaro di accettazione del rigore per meritarsi questi aiuti. Tutto sarebbe legato all’incapacità del sistema di essere sia solvibile che liquido. A mio parere, sono tutte semplici lotte di potere: Cipro fra due anni metterà a regime il principale gasdotto d’Europa. Un giacimento con queste risorse non rappresenta una garanzia valida? Non sarà mica che si vuole mettere in difficoltà il paese per mettere le mani su tale enorme risorsa? Il prelievo forzoso sui conti correnti potrebbe costituire un precedente molto pericoloso.

Se guardiamo invece agli approcci legati alla ripresa mediante il rilancio della Spesa Pubblica, fattore che in periodi di recessione è possibile solo attraverso iniezioni di liquidità, vediamo che gli indicatori economici sono in ripresa e che, grazie ad una maggiore base imponibile e maggiore occupazione, si può contenere il Deficit e tagliare il Debito Pubblico.

Non voglio essere ripetitivo, ma se gli Stati Uniti, affogati da una recessione che sembrava non finire mai, avessero seguito l’ esempio del rigore europeo, dove si sarebbero trovati oggi?

Di sicuro, senza iniezione di liquidità nel sistema non ci sarebbe stato spazio per fare ripartire il Paese, visto che le banche americane, come del resto quelle europee, erano esposte nei mercati finanziari e pertanto non avrebbero avuto la forza di far ripartire l’economia, creando una spirale recessiva ancora più forte di quella vissuta.

Questo non è accaduto perché gli Stati Uniti hanno seguito calcoli reali: un sistema in crisi, per riprendersi, deve essere aiutato con gli strumenti necessari per partire come regole chiare, liquidità e una chiara visione politica.

Oggi lo scenario europeo rispecchia una situazione totalmente contraria a quella descritta: ci vorrebbe una chiara ammissione di fallimento poichè una moneta, da sola, non è uno strumento di politica economica non può condizionare le scelte economiche dei Paesi.

Ci era stato promesso che con l’avvento dell’Euro avremmo avuto un quadro economico caratterizzato da :

  • Meno inflazione, grazie a una moneta forte;
  • Minor costo del debito pubblico sostenuto dalla bassa inflazione con conseguente minor costo del denaro;
  • Maggiore forza commerciale dell’Europa nei mercati extra UE.

Insomma, ci avevano promesso un nuovo sistema, scaturito da 30 anni di boom economico. Qualcosa si è inceppata ed invece di un’accelerazione della crescita stiamo vivendo un declino vero e proprio.

Gli strumenti adottati stanno fallendo e si rende necessario un forte cambio di rotta attraverso:

  • Cambio del ruolo della Banca Centrale
  • Possibilità dei paesi di finanziare la crescita.

Dal mio punto di vista, questi sono i primi passi per far ripartire un sistema senza via d’uscita; bisogna avere il coraggio di affrontare la Germania ed i suoi partner facendo presente che la povertà sta aumentando e che la soluzione alla crisi non può essere raggiunta attraverso le politiche adottate fino ad ora. Le decisioni prese stanno andando palesemente contro la visione di un’Europa comune, basata sulla coesione sociale.

Tornando al nostro Paese, bisognerebbe sperare in un nuovo leader capace di guardare oltre berlusconismo e vecchie ideologie, dirigendosi nelle istituzioni europee e pretendendo una netta inversione di rotta: questa crisi si risolve solo attraverso una politica europea e non nazionalista.

COSA SUCCEDERA’?


fratelli-italia-586x390Siamo arrivati alla fine di una campagna elettorale. Come al solito polemiche, urla, parole, parole e ancora parole, ma neanche l’ombra di proposte concrete.
Tutti i principali schieramenti si presentano agli elettori e al Paese con ideee del tipo “tagliare di qua e dare di là”; in pratica ci stanno facendo capire che dopo un periodo di forte austerity è facile risanare il Paese.
Dov’erano tutte queste persone negli ultimi 10 anni?
La fine del Bel Paese verso cui si viaggia lentamente è testimoniata dalla mancanza di rinnovamento e di idee forti, capaci di innescare un processo di cambiamento e di far ripartire un paese gestito senza alcuna logica per un periodo di almeno 10 anni.
L’unica novità potrebbe essere rappresentata dal Movimento di Beppe Grillo che si caratterizza per avere preso una posizione nettamente in contrasto con un sistema immobile, ma che comunque presenta tanto populismo e troppe ovvietà, promuovendo una classe dirigente che, guardando all’Esempio di Parma, non ha prodotto molto.
Governare un paese non è semplice; uno stato è una macchina complessa, composta da tanti meccanismi ben coordinati (teoricamente) tra loro. La situazione attuale è bel lontana da questo idealtipo.
Tutto è fermo, tutto è vecchio.
Seguendo i programmi proposti, chi si presenta a governare non ha messo in evidenza questa situazione. Non si tratta di una semplice questione fiscale: bisogna capire cosa serve alle generazioni presenti e future e come siamo in grado di procurarlo.
Bisogna spiegare come si pensa di avere peso in Europa e lottare per evitare situazioni simili a quelle della Grecia:
La questione è semplice: non si possono imporre tagli alla spesa pubblica in un periodo di recessione. Il Governo tedesco, promotore di tale politica, farebbe bene a porsi una domanda: cosa sarebbe successo in altri sistemi, ad esempio negli USA, se fosse stata adottarta la medesima prospettiva?
Ecco come si è comportato Obama, per niente tedesco, per far sì che la crisi non degenerasse, uccidendo l’economia reale come in Europa:
Ha immesso più denaro nel sistema alzando il Deficit grazie alla FED;
Dall’altro lato ha innalzato il livello di Debito Pubblico per controllare l’economia
Così facendo, gli Stati Uniti, come del resto anche il Giappone, stanno ripartendo.
Non è concentrando l’attenzione su IMU e IRAP che aiuteremo il nostro sistema economico a riprendersi, ma un aiuto può pervenire solo da leadership forti, con una chiara visione globale della situazione reale, che cercheranno di dare un futuro di prosperità e speranza al Paese attraverso politiche sensate e mirate alla stabilità nel lungo periodo.
Rimango sconcertato dalle ultime dichiarazioni del Premier attuale: lui  dice che la crisi è finita. Beh, ci dica qualche cosa in merito al tasso di disoccupazione, alla percentuale di chiusura delle imprese, al blocco dei consumi, ai contribuenti che non arrivano a fine mese.
Nessuno commenta, nessuno dice più di tanto. La situazione attuale non scaturisce da 13 mesi di gestione tecnica, ma è legata ad una classe dirigente che negli anni è andata avanti  con  negligenza e inefficenza, al punto da scatenare la nascita di un movimento dal basso come quello di Beppe Grillo.
Sembra una follia: un comico attraverso un blog ha creato il secondo partito italiano senza spendere un centesimo in campagna elettorare, facendo leva esclusivamente sulla frustazione dei cittadini verso un sistema intorpidito che viene riproposto sistematicamente come speranza di cambiamento.
La spinta maggiore al movimento è stata data dall’assoluta mancanza di umiltà della vecchia classe dirigente (vecchia in ogni senso…) che continua a riproporsi per guidare un paese in caduta libera a causa delle scelte effettuate in passato dalle stesse figure che rivendicano il loro posto al Governo. Non ho mai sentito nessuno ammettere: “E’ vero, abbiamo sbagliato”.
In tutti i paesi del Mondo può capitare che i leader sbaglino. Altrove, quello che fanno è andare via, consentendo alla politica di riformarsi, rigenerarsi ed adeguarsi ai nuovi bisogni della società.
In Italia questo non è avvenuto: i partiti cambiano, i personaggi in essi restano sempre gli stessi.
Domani, Martedì 26 Febraio 2013, il Paese avrà una nuova maggioranza e presto un nuovo Governo.
Cosa sperare e per chi sperare? Personalmente non mi sento particolarmente legato a nessuno di questi pretendenti poiché tutti legati al fallimento del Passato.
Tale fallimento oggi ci porta ad essere considerati un paese piccolo e marginale. Quello che però mi auguro, indipendentemente da cosa succederà Martedì è che ci si allontani dalle prospettive illogiche che hanno caratterizzato l’ultimo decennio (tutti contro Berlusconi, tutti contro i “comunisti” etc etc). Pretendiamo risposte e proposte che concorrono esclusivamente al miglioramente del benessere nel nostro Paese.

PARLIAMO DI RIPRESA!


ripresa economicaCon il meeting organizzato da Comunione e Liberazione si riapre ufficialmente la stagione politica in Italia. Siamo nell’ultima fase del Governo Monti in attesa delle elezioni del 2013, come previsto dalla Costituzione.

Tirando le somme alla fine del meeting, ogni partecipante ha espresso la propria opinione su come dovrebbe essere implementata la fase 2:

 

  • Monti si concentra sull’evasione fiscale, dopo avere spiegato le importanti riforme introdotte in Italia durante il suo Governo;
  • Passera e Ciaccia parlano di infrastrutture e di sgravio dell’IVA nel settore. Passera parla dell’annoso problema delle tasse, ritenute da tutti troppo alte e dice che si dovrà prenderne in considerazione una riduzione. Finalmente qualcosa di nuovo.

Fuori dal meeting, anche il Ministro Fornero dice che il cuneo fiscale sulla busta paga è troppo alto.

Resto un po’ allibito da tali dichiarazioni. Sembra di riascoltare Fini, Casini, Bersani, Berlusconi & company, che assurdamente si riproporranno per il cambiamento del Paese. Dichiarazioni che sanno solo di politica, tentando di legittimare un secondo mandato.

Dov’è finito il “Governo Tecnico”? Quello che doveva rilanciare il Paese, farci uscire dalla crisi e farci ripartire?

Da un certo punto di vista, non c’è mai stato; tante parole e tante promesse andate perse nei meandri di un Parlamento gestito da una classe dirigente sciagurata, che ancora si propone per un cambiamento. Roba da ridire.

Sono stato in vacanza in Italia per un breve periodo, come le poche persone che ne hanno avuto la possibilità. Ho riscontrato una situazione da brivido:

  • Code alle pompe di benzina nei fine settimana: senza distinzioni di cilindrata, le persone erano in fila per risparmiare. Ricordiamoci che dal 2010 ad oggi il prezzo della benzina è passato da 1,2 Euro ai 2 Euro per litro toccati di recente (invito a verificare i dati del costo del greggio per rendersi conto della presa in giro quotidiana). Ricordiamoci che lo Stato incassa il 60% del prezzo pagato dai consumatori, ogni commento risulta superfluo;
  • Strutture alberghiere vuote;
  • Mare con bandiera nera su molte coste;
  • Località turistiche quasi deserte.

La tradizione italiana delle ferie ad Agosto sembra sparita.

Ma la cosa peggiore è che, parlando con la gente, si sente sulla pelle tanta incertezza e paura per il futuro.

Per riassumere, nessuno ambisce allo status di esodato ed essendo vicini all’età pensionabile, molti hanno paura di non riuscire a trovare un posto di lavoro che gli possa permettere di raggiungere la tanto sospirata meta.

L’Italia continua ad essere un paese privo di politica industriale, dove le eccellenze vengono “regalate” ad attori internazionali:

  • Bulgari;
  • Valentino;
  • Ducati;
  • Edison.

Sono solo alcuni degli esempi legati allo scempio di pilastri del nostro sistema, ceduti agli stranieri per pochi spiccioli.

Ho toccato con mano l’incertezza dei miei coetanei, spaventati dal fatto di non avere sicurezza; non si sa dove andare per poter lavorare e farsi un futuro. Ricordiamo a tutti il dato agghiacciante della disoccupazione giovanile. Non tutti hanno la possibilità di rischiare all’estero o di spostarsi per tentare sorte migliore in zone diverse da quella in cui sono nati.

Si riscontra forte incertezza anche negli imprenditori che decidono di restare, imprenditori che sono schiacciati da una macchina burocratica lenta, macchinosa e costosa che rende il nostro sistema economico pesante ed inefficiente.

A tutto ciò si aggiunge la difficoltà di accedere al credito, visto l’alto tasso che le banche pagano per comprare denaro. Tale tasso viene retrocesso con mark-up a quei pochi imprenditori che possono rispettare le regole di Basilea.

In un contesto del genere, non so come si possa dire che siamo usciti dalla crisi. Dal mio punto di vista siamo usciti solo dalle barzellette e dai Bunga Bunga, ma per il resto il Paese si trova in una situazione che non avrei pensato di dover commentare.

Ho sempre sostenuto che ci troviamo in momento di crisi globale; noi siamo colpiti dalla crisi dell’Europa e vari paesi sono in difficoltà. La situazione si rispecchia nelle forti turbolenze dei mercati finanziari con effetti immediati nell’economia reale.

Tuttavia, in Europa c’è anche chi ride: la Germania.

Tutti ammiriamo il sistema tedesco, esempio di efficienza con:

  • PIL positivo;
  • Aziende in crescita.

Tuttavia c’è un fattore incognito da considerare: che tasso ha il debito della Germania?? La risposta è chiara: quasi il 4,5% in meno rispetto all’Italia.

Se traduciamo questo numero come costi minori da sostenere, è più facile capire perché il Paese presenta numeri positivi e perché la Germania fa muro alle misure rivolte a stabilizzare gli spread e rilanciare l’economia attraverso iniezioni di liquidità.

Di sicuro loro sono stati più bravi di noi nel passato, spendendo e gestendo meglio.

Ma oggi, cosa fare?

Di sicuro, sostenere le azioni di Hollande: senza sviluppo non ci può essere ripresa. Per favorire lo sviluppo bisogna migliorare:

  • Accesso ai capitali;
  • Circolazione di liquidità.

La Germania si sta opponendo ad entrambe le azioni per non perdere la sovranità conquistata in un sistema che premia i più efficienti.

Detto questo, cosa dobbiamo sperare?

C’è molto poco da sperare nella classe politica italiana. Parliamo di persone che governano da 30 anni e che da 30 anni ripetono le stese cose. Diamo adito al Governo attuale per aver recuperato un po’ di credibilità a livello internazionale, ma per il resto è sempre tutto uguale: tante promesse con pochi risultati concreti. I dati numerici in tema di PIL e di disoccupazione non evidenziano successo, ma solo un ennesimo fallimento.

Volendo essere realisti sul futuro dell’Italia, dobbiamo sperare in uno scatto d’orgoglio nelle persone, sperare che da sole riescano a trovare la forza e la capacità, per poter ripartire.

Per riuscirci, vista la crisi globale che imperversa, c’è bisogno di anche di qualcosa in più. C’è bisogno di più Europa come motore di economia reale al fine di uscire realmente da questa crisi che ancora non presenta alcuna via di uscita.

SEGNALI DI FUMO…


segnali di fumo italiaDopo quasi 6 mesi dall’insediamento del nuovo Governo tecnico, mi sembra doveroso fare un piccolo rendiconto non solo rispetto alle azioni intraprese, ma anche in relazione ai progetti in via di sviluppo.

Con l’arrivo del Professor Monti, di sicuro l’Italia ha riacquistato un po’ di quella credibilità logorata dalle troppe barzellette e dagli scandali che avevano colpito e affondato il Governo Berlusconi. Abbiamo riguadagnato il nostro posto nei meeting che contano e sembra che le borse, pur senza lo stimolo di un miglioramento nel Debito Pubblico e nel Pil, comincino a premiare i Titoli di Stato italiani, con un abbassamento degli Spread.

Come al solito, la stampa e la politica italiana fanno blocco; si arriva ai soliti slogan che hanno caratterizzato da sempre la scena politica italiana. Nell’immaginario di tutti gli italiani, Monti era il salvatore di una Patria in declino.

Il Governo Monti si distingue da quelli precedenti per avere al suo interno Ministri di pura matrice tecnica, esperti nelle materie pertinenti alle loro nuove competenze. Tutti sono soddisfatti perché, per la prima volta, chi occupa una poltrona di Governo sa di cosa si sta parlando. Non ci si dovrà più affidare a consulenti strapagati.

Tutto fa sperare che il Paese guidato da Monti, uomo rigoroso per il suo passato professionale, possa uscire dal baratro.

Gli italiani accettano, in modo passivo e per il bene della collettività, una prima Finanziaria, caratterizzata dall’innalzamento dell’età pensionabile: tutti hanno visto il Ministro Fornero in lacrime perché dispiaciuta dell’azione intrapresa.

Sono stati messi in campo aumento dell’IVA, accise sulla benzina, IMU, altre tasse e tanti nuovi balzelli a carico di imprese e persone fisiche.

Monti giustifica la manovra dicendo che senza i provvedimenti intrapresi, avremmo fatto la fine della Grecia. “Salvare l’Italia” era la prima fase del mandato del Presidente Monti; la seconda fase sarà basata su sviluppo e ripresa.

Tutti ad aspettare impazienti la fase due, annunciata dalla riforma del lavoro che avrebbe dovuto contenere importanti novità sull’articolo 18.

Non voglio commentare la questione relativa all’art.18 poiché sarebbe ripetitivo, ma dico solo: tanto rumore per nulla. In Parlamento non è ancora passato nulla in materia di mercato del lavoro. Cosa molto preoccupante, è che tutto è in mano ai nostri parlamentari.

In questo stesso periodo “emergono” gli scandali sui finanziamenti ai partiti. Viene coinvolto addirittura il partito di Roma Ladrona, saltano fuori diamanti, conti in Tanzania, lauree comprate e tanto altro ancora.

Tutti con gli occhi a Monti, sperando in un provvedimento urgente per recuperare credibilità e giustizia, soprattutto in rispetto dei vari balzelli che gli italiani pagano ogni giorno. Invece nulla, la politica fa scudo.

Era stato detto che non sarebbe stata incassata l’ultima tranche dei finanziamenti elettorali (circa 150 milioni di Euro), ma come al solito nulla di fatto. Andando sul sito del Corriere della Sera troverete un link interessante in merito a politica e trasparenza, ennesima finta promessa da parte dei nostri politici.

In questo scenario, la situazione non è affatto rosea:

  • PIL Negativo;

  • Tasso di disoccupazione alle stelle (per non parlare del dato su quella giovanile);

  • Aumento dei fallimenti e della chiusura di imprese.

Non voglio commentare le azioni estreme intraprese da gente disperata, ma voglio sottolineare che il nostro Governo, caratterizzato da esperti di settore, oggi non ha ancora prodotto alcun risultato, né preso provvedimenti che legittimino la scelt di affidarti ad un governo tecnico.

Sembra che si stia seguendo la solita strada: alle prime difficoltà si alzano le tasse e la benzina.

Oggi la situazione è molto grave. Leggo con fervore che, dopo avere sostenuto a spada tratta la strada maestra dell’austerity, finalmente si menziona lo sviluppo, ricordando che la crescita può partire solo con gli investimenti. Tali investimenti possono essere predisposti solo dallo Stato.

Si spera nell’impegno del Governo in Europa per far sì che si vada oltre il Fiscalpakt, poiché le imprese hanno bisogno di poter operare senza il rischio del fallimento con conseguente perdita di posti di lavoro, dramma quotidiano soprattutto per i non più giovanissimi.

Probabilmente si dovrà aprire uno scontro in Europa, ma il compito del Governo tecnico dovrebbe essere quello si far capire ai politici che per una ripresa economica, è necessaria una disponibilità di risorse; efficienza e razionalità nella gestione devono essere imposte, soprattutto per noi paesi latini. Spero si riesca a spianare la strada degli Eurobond, almeno come soluzione immediata.

I recenti risultati elettorali impongono una riflessione. Le svolte populiste ed i cambiamenti di schieramento richiedono una presa di coscienza: sono necessarie azioni che garantiscano sviluppo e crescita, pena una ricaduta in una fase buia del passato.

Non è più possibile pensare che lo sviluppo possa essere favorito solo attraverso un’azione di risanamento, soprattutto se caratterizzata da politiche fiscali repressive.

Pertanto, alla luce dei recenti dati elettorali, non bisogna pensare solo agli Eurobond, ma anche ad una stabilizzazione delle politiche economiche in Europa:

  • Modificare il ruolo della BCE, ossia trasformarla in una normale banca centrale;

  • Imporre politiche di bilancio rigorose in area europea, superare Maastricht mediante nuove norme che impongano un maggiore controllo da parte di Commissione o Parlamento Europeo sulle finanziarie nazionali.

Concludo dicendo che la figura professionale di Enrico Bondi, potrebbe avvalersi dell’aiuto che i media possono offrire nel campo. Tutti abbiamo visto i servizi sugli sprechi condotti da programmi come “Striscia la Notizia” o “Le Iene” e aprire un dialogo con i giornalisti potrebbe certamente aiutare l’individuazione dell’utilizzo improprio del denaro pubblico. L’esistenza di enti inutili, consulenze non necessarie, spese fuori controllo delle regioni e problemi nella gestione degli appalti è sotto gli occhi di tutti: da anni si produce una letteratura quotidiana.

L’invito ai cittadini a segnalare gli sprechi sembra una presa in giro. Non possono essere i cittadini a segnalare, ma dovrebbe essere la politica a dare un segnale forte di cambiamento, agendo dove bisogna agire.

Di sicuro Enrico Bondi metterà il massimo impegno professionale per il conseguimento dello scopo, ma c’è sempre il dubbio che si ricada nella solita situazione: tanto fumo, ma poca sostanza.

I problemi continuano a rimanere irrisolti: la speranza è che magari si riesca ad avere un impatto più forte nei prossimi mesi, attribuendo al Governo un ruolo che al momento risulta essere del tutto simile a quello già visto in passato.

LIBERALIZZAZIONI: OBBLIGATORIO FARE DI PIU’


liberalizzazioni-professioniCon il nuovo decreto varato dal Governo italiano, si apre la strada delle liberalizzazioni, argomento molto dibattuto ultimamente sui media.

Obiettivo del Governo, è quello di liberalizzare i mercati per una maggiore concorrenza in diversi settori, allo scopo di facilitare crescita del PIL e riduzione dei costi in capo agli utenti finali.

E’ stata toccata la situazione di molti lavoratori (tassisti, farmacisti, distributori di carburante, professionisti) e di vari settori dell’economia (trasporti, energia). Per stimolare la crescita, qualcosa è stata fatta anche in merito alla costituzione di nuove imprese Srl, ma solo per imprenditori di età inferiore ai 35 anni.

I cambiamenti pianificati, si indirizzano chiaramente all’apertura dei mercati, fornendo spazio concorrenziale in diversi settori e la possibilità di godere di una scelta per la fornitura di alcuni beni e servizi. A tal proposito, è stato scritto molto sui giornali e non vorrei rischiare di essere ripetitivo.

La domanda fondamentale che mi pongo in questo post è: basteranno queste azioni per fare ripartire il Bel Paese?

Leggendo alcuni commenti rilasciati dall’esecutivo, ho appreso con stupore che vengono previsti con certezza:

  • Aumento dei salari reali del 12%

  • Aumento dei consumi dell’8%

  • Aumento del PIL dell’11%

Tali previsioni sembrano provenire da uno dei governi politici di vecchio stampo ed hanno un amaro retrogusto di pura propaganda.

Non è certamente attraverso il via libera a farmacie, negozi e taxi che si rilancia un paese, “vecchio” per natura del sistema intrinseco che lo sorregge (..o non lo sorregge..)

Molte persone, tra cui il sottoscritto, si aspettavano interventi in qualche altro settore:

  • Banche

  • Lavoro/Pensioni

Parlando del sistema bancario, il Presidente del Consiglio, da Banchiere esperto, dovrebbe condividere con noi il motivo per cui le banche italiane, dopo avere acquistato denaro dalla BCE, non riversano fondi nell’economia reale per agevolare la ripresa del Paese, anziché investire in Titoli di Stato.

Morale, si compra il denaro all’1% e lo si investe in titoli di stato al 7%. Dall’altra parte, vengono bloccati i crediti in favore di privati e piccole e medie imprese; diventa quasi impossibile per i giovani acquistare casa facendo ricorso a un mutuo, visto che ormai le banche sono arrivate a chiedere fino al 40% di anticipo.

Come si intende favorire una ripresa se proprio chi dovrebbe dare la spinta iniziale si preoccupa solo del suo conto economico?

Le banche, oltre al ruolo di agente economico, hanno anche una missione sociale. Ritengo doveroso affrontare questo punto e bisogna effettuare una netta distinzione tra banche di consumo e banche di investimento; non è più tollerabile che le banche italiane si nascondano sotto una maschera di banca tradizionale, quando non lo sono più.

Obbligando ad un utilizzo maggiore dei servizi bancari miranto alla tracciabilità, dovrebbe essere cura e obbligo del governo un ulteriore controllo sulla gestione dei costi che i cittadini dovranno affrontare. Neanche l’ombra di un’azione efficace.

Le imprese ed il Paese hanno bisogno che tutto ciò venga rettificato, oltre al fatto che sarebbe anche ora che lo Stato inizi a pagare i debiti nei confronti degli imprenditori.

Per quel che concerne il settore lavoro, il Paese ha bisogno di arrivare a una rimodulazione totale; non è più l’era dei contratti collettivi nazionali, ma è diventato obbligatorio l’uso di contratti localizzati, che inglobino anche un sistema meritocratico di retribuzione basato sulle performance, usando criteri di efficienza sensati e diversi per ogni settore. Questo certamente andrebbe a incrementare la produttività e l’efficienza delle imprese, alzando conseguentemente il PIL.

Bisognerebbe mettere un attimo da parte i sindacati e l’articolo 18, ormai diventato anacronistico. Berlusconi cercò di mettere la questione in piazza qualche tempo fa, ma tutto si arenò dopo gli accordi bunker con i sindacati siglati da Fini e Bersani.

Sarebbe anche ora di sviluppare un sistema di previdenza complementare vera, in cui un lavoratore, invece che versare parte della sua busta paga (più del 40%) all’INPS (inefficiente) possa decidere autonomamente se:

  • Versare per previdenza integrativa, favorendo una piena deducibilità fiscale;

  • Usare questo denaro come fondo personale per i momenti di difficoltà.

Per quel che riguarda le pensioni, i conti proprio non tornano e si dovrebbe far presente a tutti i cittadini che le pensioni a 70 anni non reggono più:

  • Si lavora per 35 anni

  • Si versa annualmente un 30-40% di quanto si guadagna

  • Si ha un’aspettativa di vita di altri 10 anni dopo la pensione

In pratica, non potendo trasferire a terzi il saldo dovuto della pensione a seguito dei contributi versati, se un contribuente muore, lo Stato si impossessa SENZA DIRITTO di denaro che non è suo. Se questo è un sistema equo….

Ribadisco che il sistema anglosassone, in questo, garantirebbe un’amministrazione più equa, poiché lascerebbe ognuno libero di gestire come meglio crede la propria situazione salariale e pensionistica. I lavoratori godrebbero di maggiore liquidità, scegliendo autonomamente la propria pensione e, in caso di scomparsa del pensionato, il denaro potrà essere reindirizzato al coniuge o ai parenti.

Non ci si deve nascondere dietro il mercato finanziario, soprattutto quando siamo un paese tecnicamente fallito da questo punto di vista. L’INPS viene definito come il garante dei lavoratori, quando proprio l’inefficienza di gestione di INPS e INPDAP hanno portato alla situazione attuale.

Per una ripresa economica efficace, c’è bisogno di maggiori risorse e più efficienza. Risulta vitale separare le aree operative delle banche, favorire le assunzioni con un occhio alla produttività (quella vera..) e permettere ai lavoratori una vita migliore e più semplice.

La liberalizzazione attesa e necessaria non riguarda l’apertura di un negozio, ma la possibilità di essere padroni del proprio destino in un futuro che, nonostante più taxi e farmacie, nessuno vede roseo.

PROPOSITI PER IL 2012


Buoni-propositi-fiscali 2012Iniziamo questo nuovo anno cercando di analizzare la situazione economica moderna, definendo le azioni dovute per consentire la tanto sospirata inversione di rotta dei trend del mercato internazionale. Tale miglioramento ancora non sembra essere in vista.

Molte volte, su questo blog è stato sottolineato che la crisi ha una dimensione internazionale per cui non è possibile trovare una via d’uscita senza coinvolgere una politica condivisa a livello Europeo.

Dall’Europa ancora non si ricevono risposte e come al solito la situazione è capeggiata da Francia e Germania. L’Italia viene gradualmente coinvolta, ma ancora non vengono prese decisioni comuni poiché ogni leader pensa più a portare acqua al proprio mulino, piuttosto che ad impegnarsi in politiche di ripresa a lungo termine per tutta la comunità internazionale.

Francia e Germania sono fortemente divise: chi pensa all’introduzione folle della Tobin Tax (la Francia) che, se implementata, comporterebbe il crollo della piazza finanziaria europea; chi insiste sul rigore nelle politiche fiscali come requisito obbligatorio per poter ricevere il sostegno dell’Unione Europea.

Tutti si dimenticano di analizzare il cuore del problema.

Come ha ribadito il Ministro / ex banchiere Passera, l’Europa non sta agendo con velocità e fermezza; incertezza e confusione dilagano poiché non esiste una guida politica che esprima una comunione di intenti ed azioni da intraprendere.

A questo punto sarebbe interessante guardare alle politiche interne di ogni paese, per verificare che ognuno sia attrezzato, aggiornato e reattivo rispetto allo scenario attuale.

Non è una novità. Il nostro Paese in primis risulta sospeso in una nube di mancate riforme, un sistema arretrato che protegge i privilegi della casta con una pressione fiscale da cui ha origine la “fuga” di contribuenti ed imprese verso mete più competitive.

La creazione del Governo attuale è stata giustificata dai livelli di Spread, salito alle stelle a causa della bassa credibilità del paese. Purtroppo la situazione è sotto gli occhi di tutti: lo Spread non è cambiato e la nuova Finanziaria testimonia chiaramente una fase di recessione.

Ora si parla di “fase 2” per rilanciare il paese e nuove norme dovrebbero dare una spinta al nostro sistema. Ma direi che il terrorismo fiscale profuso dai giornali non è una via adeguata per combattere l’evasione. Si incentiva un’associazione di idee piuttosto estrema e pericolosa: macchina di lusso = evasione. Il sistema tuttavia non viene cambiato, barattando un’efficienza gestionale reale dello Stato con la mera illusione di perseguire lo scopo inasprendo le pene e criminalizzando i contribuenti.

E’ stato ribadito più volte che la via per ridurre almeno un aspetto dell’evasione fiscale, non è l’inasprimento delle pene, ma l’aumento dei benefici sullo sgravo dei consumi. Esempio lampante, i sistemi anglosassoni, in cui si può dedurre dalla tassazione quasi tutto. Penso che sia una strada molto più efficace dell’uso degli agenti in incognito che hanno assassinato il turismo di Cortina durante gli ultimi mesi…

Viviamo in un paese in cui uno stenografo della Camera percepisce più di un monarca. E nonostante la consapevolezza che molti tagli alla spesa pubblica debbano essere fatti, non succede ancora nulla. Lo stesso Presidente del Consiglio si giustifica dicendo che i tagli in Parlamento sono una competenza del Parlamento. La situazione è a dir poco ridicola.

Cosa dovrebbe fare questo Governo per stimolare una ripresa concreta dal Paese?

Di certo dovrebbe adottare quelle misure attese da anni, seguendo le stesse dinamiche che altre aziende (la FIAT) hanno seguito.

Dimenticando le lacrime del Ministro Fornero, in Italia si dovrebbe iniziare a parlare di meritocrazia e produttività: chi vale di più DEVE essere premiato, lasciando da parte l’incidenza dei sindacati e dei loro accordi collettivi che ormai ritengo da Medioevo.

I contratti dovrebbero essere fatti localmente, riconoscendo che un lavoratore più capace e produttivo deve percepire un salario maggiore dei suoi pari meno produttivi. Inoltre dovrebbe essere logico il licenziamento nel caso in cui un’impresa venga danneggiata dal comportamento di un dipendente e non la reintegrazione come avvenuto ai 2 operai di Mirafiori.

Non è un pensiero schiavista o fascista, ma le mie affermazioni si basano su esempi concreti: qui in Inghilterra i contratti a tempo indeterminato sono molto diffusi, ma esiste anche la possibilità di essere licenziati se ritenuti improduttivi e allo stesso modo di essere premiati sulla base di maggiore produttività. L’effetto finale è la comunione tra interesse privato di ogni dipendente ed interesse dell’azienda; tutti lavorano per lo stesso scopo.

In Italia, l’unica promessa è una pensione a 70 anni, dopo aver lavorato almeno per 35 anni. Perché non si da al lavoratore il diritto di usare come meglio crede i propri soldi? Di nuovo, guardando al sistema anglosassone, il datore di lavoro versa un contributo minimo per la pensione sociale dei dipendenti. Ogni dipendente può decidere di percepire un importo lordo, facendo del proprio denaro quello che vuole. Se parte di quel denaro viene versato in un fondo pensione, è anche fiscalmente deducibile al 100%.

Tuttavia, la farraginosità dei contratti di lavoro non è l’unica ragione per cui il sistema risulta ingessato. A mio parere si dovrebbe agire anche sul tessuto imprenditoriale. Almeno per quel poco che ne rimane. Si dovrebbe:

  • Parlare di politiche energetiche, occasioni di business non indifferenti;

  • Tutelare il made in Italy nel lusso, o almeno le poche aziende che non sono state ancora regalate ai francesi;

  • Investire nel turismo in modo concreto, non solo attraverso i siti Internet. Basta paragonare l’Aeroporto di Roma Fiumicino a quello di una qualsiasi capitale europea…

  • Favorire l’internazionalizzazione delle aziende italiane: la qualità italiana ha una domanda enorme, ma sono poche le aziende che forniscono il mercato estero;

  • Rafforzare le infrastrutture, facendo delle questioni relative alla Salerno – Reggio Calabria e alla TAV solo un brutto ricordo;

  • Favorire i professionisti attraverso la possibilità di creare società che possano fornire più servizi con tariffe inferiori;

  • Collegare le Università alle imprese in modo efficace, erogando borse di studio e favorendo progetti volti all’innovazione.

La lista potrebbe continuare all’infinito, ma è inutile continuare finché non verranno gettate almeno le basi per costruire un futuro migliore. Sono curioso e resto in impaziente attesa degli sviluppi; potremo commentarli insieme.

LA SFIDA DEL GOVERNO MONTI


mario-monti-sfidaCon la fine del governo Berlusconi, finisce anche un periodo fitto di aspettative, culminate in occasioni mancate. Come sottolineato da tutti i giornali, con la nomina a Presidente del Consiglio del Professor Senatore Mario Monti, si apre una nuova era.

E’ stato formato un governo lampo in grado di raggiungere il consenso parlamentare in pochissimo tempo.

Non voglio entrare nel dibattito su obblighi e richieste della politica, ma vorrei analizzare il discorso del nuovo Presidente del Consiglio, in relazione all’evoluzione dello scenario internazionale.

Di certo non ci si poteva aspettare un discorso forte e diretto, tipico di un governo legittimato da un mandato politico riconosciuto dagli elettori. Il Presidente Monti, da non politico, ha prodotto un discorso caratterizzato da toni pacati, in cui ha ripreso e riproposto gli annosi temi che assillano il nostro paese:

  • Debito Pubblico

  • Crescita lenta o assente

  • Confusione nella gestione dello stato

  • Debole sostegno alla crescita delle nuove generazioni.

Nel suo discorso, il Presidente ha messo di nuovo in evidenza la gravità della situazione italiana, caratterizzata da ritardi e traguardi non raggiunti. Di fatto, si è arrivati ad una grande novità in campo politico: la nomina di Ministri “tecnici” esperti nel loro campo.

Nel suo discorso volutamente pacato e scontato, il Presidente Monti ha tenuto fede al suo ruolo di figura super parters, obbligata a relazionarsi col Parlamento, vero esecutore materiale di proposte e progetti.

Il Professor Monti sa che è tenuto ad accomodare il Parlamento e fa anche bene a lusingarlo riproponendo la centralità delle Camere nel nostro ordinamento, ma è necessario ricordare che questo stesso Parlamento con i suoi componenti, che oggi eleggono Monti “salvatore” della nostra patria, sono gli stessi che a fasi alterne ne hanno determinato il tracollo.

Proprio alla luce di un tentativo di contenimento fallito, dobbiamo sollevare alcune questioni:

  • Monti potrebbe non essere credibile: il governo tecnico potrebbe non possedere quella forza politica necessaria per far passare alcuni provvedimenti indispensabili

  • La situazione italiana potrebbe non derivare soltanto da Berlusconi e dalle sue barzellette, ma le radici potrebbero essere molto più profonde. Monti ed il governatore della BCE ne hanno inquadrato una causa importante: l’assenza di governance. Tale aspetto è stato evidenziato ripetutamente dal sottoscritto. Manca una politica economica condivisa a livello europeo; l’Europa viene condizionata troppo dalle singole sovranità nazionali.

Le reazioni sono controverse, ma l’espandersi della crisi è sotto gli occhi di tutti: la Francia comincia a mostrare forti tensioni anche sui propri spread. Prossimo passo? Magari Sarkozy seguirà le orme di Zapatero, Papandreou e Berlusconi, presentando le proprie dimissioni?

Il Presidente Monti è difronte ad una duplice sfida:

  • Far capire ai nostri “Impiegati” statali politici, che come dimostrato da alcune trasmissioni televisive non conoscono la differenza tra deficit e spread, che è finito il momento delle nomine e delle barricate e che magari debbano capire l’importanza del ruolo che rivestono aprendo un libro di economia;

  • Riconquistare un ruolo in Europa, ruolo che le debolezze interne dell’ex Presidente Berlusconi avevano declassato a comparsa piuttosto che protagonista.

Non posso che augurare al Presidente Monti BUON LAVORO, sperando che la sua esperienza in organizzazioni internazionali pubblici (Commissione Europea) e privati (Goldman Sachs e non solo) ci permetta di riemergere dal mare di lobby e burocrazia in cui sta affogando il nostro paese.

LA VERA CRISI ITALIANA


crisi-italianaFinito il G20, constatiamo i risultati del summit a mio avviso abbastanza deludenti: tutti i temi legati a mitigare incertezze e difficoltà non sono stati affrontati, ma ancora rimandati all’incontro successivo.

Vorrei concentrare l’attenzione sulla situazione del nostro Paese. Per orgoglio dobbiamo ricordare qualche punto, slegati dalla politica:

  1. Siamo e restiamo una potenza economica mondiale
  2. I nostri fondamenti economici sono più stabili di altri paesi, tra cui la Francia. Vorrei ricordare che il Presidente Sarkozy farebbe meglio a guardare prima in casa propria e soprattutto a:
  • Deficit
  • Crescita del Pil
  • Esposizione del sistema bancario rispetto alla crisi

Lasciando da parte questi fattori certi, di cui ogni italiano dovrebbe essere consapevole, cerchiamo di valutare l´impasse in cui ci si ritrova.

Ormai è chiaro, Berlusconi ha fallito. Tutto quello di cui il Paese aveva bisogno, non è stato fatto. Al momento del suo insediamento, gli italiani gli avevano affidato una maggioranza disarmante che doveva essere usata per ristrutturare il nostro paese partendo dal basso attraverso:

  • Una vera e propria riforma dell’architettura istituzionale dello stato, attraverso una riduzione del numero dei parlamentari, l’obbligo del vincolo di mandato, la cessazione del bicameralismo perfetto e l’introduzione del senato federale;
  • Riforma fiscale, mediante l’eliminazione dei grovigli di imposte che uccidono l’economia e che danno vita al fuggi fuggi dei contribuenti in un gioco di ruolo tra lo Stato che deve incassare e il cittadino/impresa che dovrebbe dichiarare e pagare;
  • Riforma organica della Giustizia con una vera e propria separazione delle carriere tra Giudice e PM, con un occhio alle tempistiche procedurali;
  • Riforma del lavoro, eliminando i contratti collettivi e stabilendo il principio dei contratti di area, in modo tale da favorire lo sviluppo;
  • Maggiore controllo sulle professioni, cercando di contrastare i vari protettorati familiari che esistono in tutti i campi, ma sono l’emblema della carriera politica.

Certo la lista potrebbe essere molto lunga, ma fermiamoci a quelli che reputo più importanti e indispensabili.

Il vero problema la ricerca di una figura in grado di guidarci in un mare di incompetenza e opportunismo.

La situazione moderna è paradossale: la classe dirigente, che ha spinto per il ritiro di Berlusconi dal proprio incarico (seppur per motivi molto validi), è formata dalle stesse persone che da tempo immemorabile occupano i banchi delle camere, a Destra o a Sinistra che sia.

Condivido appieno la dichiarazione di Diego Della Valle di qualche giorno fa: “Il problema non è accettare o meno una patrimoniale, ma chi e come la utilizzerà”.

Oggi, quale proposta politica è in grado di far ripartire il Paese? Io direi nessuno, i personaggi che ambiscono alla poltrona sono tutti responsabili del groviglio di sprechi e inefficienza che sta rovinando l’Italia.

Viene chiesta la solita riforma delle pensioni come soluzione a tutti i mali, portando le nuove generazioni a versare contributi a tempo “indeterminato” che non torneranno mai nelle loro tasche, quando dall’altra parte i nostri rappresentanti politici a tutti i livelli si passano vitalizi esenti appena raggiunto un mandato.

Per non parlare degli sprechi a tutti i livelli: enti inutili, opere inutili, consulenze inutili, etc etc.

Gli scenari da portare alla luce sono tantissimi, ma si corre il rischio di essere ripetitivi; si susseguono sempre le stesse situazioni kafkiane che generano enorme rabbia e frustrazione, soprattutto quando si vive in UK, un paese in cui i cittadini hanno una percezione molto più limpida del ruolo dello stato che impone alla politica di considerare il proprio lavoro un servizio alla collettività. In Italia, essere in Parlamento vuol dire avere un posto di lavoro ben pagato e a tempo indeterminato (quanti anni dura la permanenza in Parlamento di ogni “Onorevole”, nonostante cambi di leader e di governo?).

Questo è il vero dramma: dopo Berlusconi ci sarà il “nuovo”, legato in ogni caso al passato, rappresentato da tanti opportunisti che, come hanno fatto fino ad oggi, cercheranno di restare e galla favorendo assistenzialismo in ogni forma.

Ma quindi, come cambiare la situazione?

A mali estremi, estremi rimedi. Dovrebbe esserci una vera e propria rivoluzione con cui dire basta, ribellarsi quando la politica usa solo il tempo futuro senza sottolineare il passato, promettendo qualcosa che non verrà mai implementato e ricadendo nella solita demagogia. Dobbiamo affidarci a uomini nuovi con nuove idee. E’ necessario che chi è al potere faccia un passo indietro riconoscendo il fallimento. Senza questa presa di coscienza, ogni misura avrà impatto minimo e solo sul breve periodo; ogni piano “innovativo” ricadrà nella propaganda.

Bisognerebbe darsi una svegliata: anziché manifestare e lamentarsi della situazione, dovremmo suggerire nuove idee che possano dar vita ad un cambiamento reale.

La classe politica al momento non ha nessun interesse ad aprire tale dibattito; sarebbe un’ammissione di fallimento. E’ invece preferibile scaricare la colpa sugli altri per vincere le nuove elezioni…

Chiudo ricordando che i governi e la classe politica sono lo specchio di un paese. Vogliamo davvero mantenere l’immagine attuale in ambito internazionale??


UN PAESE ALLA DERIVA…


italia_derivaE’ doveroso riprendere un tema che era già stato discusso in precedenti articoli, poiché la gestione del nostro quotidiano ha ormai raggiunto un livello di inefficienza che lascia senza parole.

Non voglio essere noioso e petulante, ma nel mezzo di una crisi economica finanziaria a livello globale non si può assistere ad una tale gestione di un Paese da parte di una classe politica inadeguata a governare.

E’ stata presentata un’ultima manovra per il contenimento del deficit che, lasciando tutti sorpresi, a seguito del monito del Capo dello Stato, è stata approvata in pochissimi giorni.

Il nocciolo del provvedimento si compone di imposte e nuovi costi aggiuntivi per imprese e collettività. Come al solito non ci sono azioni in materia di liberalizzazione o progetti di riforma che cerchino di contenere in modo definitivo la spesa pubblica.

In pratica si continua a chiedere ai cittadini e alle imprese di contribuire al mantenimento degli equilibri finanziari del Paese attraverso:

  • Ticket sui servizi pubblici;

  • Accise sulla benzina (ricordiamo che il prezzo del petrolio è sceso al di sotto dei 100$ al barile, ma in Italia il costo delle benzina è ad un livello che non ha precedenti. Intervento dello Stato: nessuno);

  • Nuove imposte sulle imprese (pensiamo alle banche…);

  • Blocco delle pensioni.

Dopo tanto parlare, causa il continuo impatto della crisi finanziaria, è stato messo in moto un lento meccanismo di riforme strutturali che andrà a toccare:

  • Alcune province (queste non andranno ad essere soppresse in toto, viste le forti resistenze di alcune forze di maggioranza ed opposizione);

  • I piccoli comuni.

Altre riforme strutturali da sempre richieste non vengono assolutamente citate. Non si parla di:

  • Comunità montane, le quali fanno opposizione in Val Di Susa contro un’opera infrastrutturale come la TAV, già definita nel tratto francese, ma che in Italia non si riesce a sviluppare;

  • Abbattimento dei vitalizi e i privilegi della casta che, al contrario, rifiuta di effettuare tagli necessari in momenti di crisi e difficoltà;

  • Concetto di produttività dei lavoratori nel settore pubblico che potrebbe incrementare l’efficienza attraverso premi diretti a che permetterebbe di ridurre le “sacche improduttive”;

  • Riavvicinamento tra Scuola e imprese, anzi, caso più unico che raro, abbiamo assistito al fallimento di un’Ente Universitario (l’ Università di Siena).

La lista potrebbe essere estesa all’infinito, ma non voglio essere ridondante. Ormai nel nostro Paese molto può essere ridotto ai problemi del nostro Primo Ministro. La giustizia è diventata il nodo maggiore e siamo passati dal processo breve al processo lungo con la stessa velocità con cui si passa da un bar all’altro in Venerdì sera.

Ma non tutto è da collegare ai suoi problemi personali. Nuovi fatti consentono di capire che la commistione tra il sistema economico e la politica non è solo rappresentata da Berlusconi, bensì da tutto il sistema, che come al solito si difende con eccesso di finto garantismo da un lato e ossessione giustizialista dall’altro.

Quello che la nostra classe dirigente al momento riesce a fare, è andare in ferie in blocco, soprattutto a seguito del duro lavoro nel corso dell’anno. Ecco un articolo in merito da leggere attentamente: http://www.corriere.it/politica/11_agosto_04/stella-ponti-onorevoli_4a5ecee2-be5a-11e0-aa43-16a8e9a1d0c7.shtml .

Invece di rimboccarsi le maniche cercando di trovare soluzioni a una crisi che non è di certo un fatto occasionale, 100 parlamentari andranno in pellegrinaggio in Terra Santa, giustificando il tutto con un cammino di penitenza verso un aiuto mistico. Direi a questo punto che l’influenza legata alla vicinanza dello Stato Vaticano non è sufficiente e pertanto questo duro sacrificio pagato dai contribuenti è davvero necessario.

La situazione non è da ricondurre ad un problema di destra o di sinistra, ma è un problema del sistema. Il senso della realtà è completamente sfocato: ricordiamo che l’Italia per finanziarsi pagherà il proprio debito con i BTP a tassi ben più alti rispetto alla media dei nostri principali “competitors” Europei. Il tutto nel totale disinteresse dei nostri governanti che si preoccupano di difendere la loro poltrona non preoccupandosi delle generazioni future che si troveranno a vivere in un contesto in cui:

  • Vi saranno sempre meno opportunità di lavoro per cui l’Estero diventerà sempre un’attrazione più forte;

  • Chi lavorerà in Italia pagherà trattenute sulla busta paga come contributo per una pensione che non percepirà mai;

  • Ci si troverà a vivere in un Paese senza opportunità e occasioni di sviluppo.

Per evitare ciò, il Bel Paese DEVE cambiare. In caso contrario, anche noi prima o poi verremo investiti dalla onda negativa della crisi (se già non ci ha danneggiato irreparabilmente) e poi non basterà più il nostro “essere italiani” a salvarci dalle conseguenze di un fallimento del Paese.